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Il delitto perfetto - Versione stampabile

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Il delitto perfetto - Wintrow - 18-09-2009

Il delitto perfetto non esiste: questa è una regola tanto cara ai giallisti di tutto il mondo. Lo stesso Lincoln Rhyme, il detective tetraplegico scaturito dalla brillante penna di Jeffery Deaver (e a proposito, se non l'avete fatto vi consiglio di leggere i suoi romanzi), ci insegna che c'è una corrispondenza biunivoca tra assassino e scena del crimine: infatti c'è sempre uno scambio di sostanze tra di loro che li rende indissolubilmente legati. A conclusione di questa breve e schematica introduzione, volevo porre alla vostra attenzione, un altro particolare: in tutti i libri di genere giallo o thriller, la vicenda si conclude puntualmente con la cattura del criminale; nella realtà però non sempre questo avviene.

Adesso torniamo indietro di qualche anno, precisamente al 7 agosto del 1990. Quel giorno, al civico numero 2 di Via Poma, venne commesso un delitto che ancora oggi non ha un colpevole. Quel giorno di diciannove anni fa, Simonetta Cesaroni, allora 21enne, si era recata alla sede della Reli Sas, in Via Maggi 406, dove ha avuto un colloquio con Salvatore Volponi a proposito delle ferie. La ragazza prende anche l'impegno di passare al pomeriggio all'A.I.A.G. per sbrigare alcune pratiche e rimane d'accordo con il Volponi che alle 18:20 circa l'avrebbe chiamato per fargli sapere come andava il lavoro, Volponi che nel frattempo si sarebbe trovato alla Stazione Termini, nella tabaccheria che gestisce insieme alla moglie. Verso le 15 Simonetta esce insieme alla sorella Paola a bordo della loro Fiat 126C per andare alla fermata Subaugusta della linea A della metropolitana, poco distante da casa. Calcolando i tempi del tragitto (da Subaugusta alla fermata Lepanto la metropolitana impiega circa 40 minuti) si è stabilito che Simonetta è arrivata in ufficio alle 16 o poco prima. Quel giorno l'ufficio è chiuso al pubblico e per entrare e aprire il portone la ragazza usa un mazzo di chiavi che le è stato dato da Volponi. Alle 17:35 Simonetta Cesaroni riceve una telefonata da Luigia Berrentini per delle informazioni sul lavoro: quella telefonata corrisponde all'ultimo indizio che prova che la ragazza sia ancora viva. Alle 18:20 Simonetta dovrebbe chiamare Volponi, ma quella telefonata non viene mai fatta. I famigliari attendono la giovane a casa per le 20, ma di lei non ci sono notizie. Alle 21:30 la sorella Paola da il via alle ricerche. Volponi viene contattato per sapere il telefono degli ufici dell'A.I.A.G. ma questi non conosce il numero: la donna esce con il fidanzato, preleva l'uomo ed il figlio e tutti e quattro insieme si recano in Via Poma, 2. Alle 23:30 si fanno aprire la porta degli uffici dell'A.I.A.G. dove trovano il cadavere di Simonetta Cesaroni.

Vi risparmio i dettagli dello stato in cui è stato trovato il corpo, ma vi linko l'immagine scattata dopo il ritrovamento: vi avviso, per quanto confusa e sgranata, è un'immagine forte e non vi consiglio di cliccare se siete deboli di stomaco. Foto del corpo.

L'arma del delitto, presumibilmente un tagliacarte con cui sono stati sferrati 29 colpi, non venne mai trovato. Dell'omicidio vennero incriminati prima Pietrino Vanacore, il portiere che all'epoca lavorava allo stabile di Via Poma e poi Federico Valle, nipote di un inquilino dello stesso edificio. Entrambi vennero poi prosciolti da ogni accusa.
Nel 2004, sul corpetto e sul reggiseno della vittima sono state ritrovate delle tracce di saliva e il DNA corrisponde a quello di Raniero Busco, l'ex fidanzato della giovane. Attualmente Raniero Busco è stato rinviato a giudizione per omicidio volontario aggravato dalla crudeltà e l'udienza preliminare si terrà la prossima settimana, il 24 settembre 2009.

Questa vicenda mi ha colpito fin da piccolo. Ricordo che pochi mesi dopo l'omicidio ci fu una trasmissione televisiva, Telefono Giallo di Corrado Augias. I miei videro quella trasmissione in cui ci fu una ricostruzione dell'omicidio e ammetto che mi spaventò non poco. Attualmente invece, l'ufficio postale in cui sto lavorando si trova a non più di cento metri dal luogo del delitto. Devo ammettere che quando mi sono reso conto che Via Poma è proprio dietro all'ufficio e che sicuramente c'è un collega che ci porta la posta... non lo so, la cosa mi ha colpito e impressionato allo stesso tempo. Ogni giorno, quando vado al lavoro e quando torno a casa, passo proprio davanti allo stabile del civico 2 e mi viene spontaneo lanciare sempre un'occhiata a quel palazzo e a quei marciapiedi su cui senz'altro è passata anche Simonetta.

Quello di Simonetta Cesaroni però non è l'unico delitto insoluto avvenuto nella capitale. Il 10 luglio 1991, la contessa Alberica Filo Della Torre, 42 anni, sposata in seconde nozze con il costruttore Pietro Mattei (dal quale ha avuto due figli, Manfredi e Domitilla) viene rinvenuta cadavere, assassinata, nella camera da letto della sua villa all’Olgiata, un quartiere residenziale a nord di Roma. L’omicidio è avvenuta tra le 9:30 e le 9:45, ma viene scoperto solo due ore dopo, da una domestica: e questo perché l’assassino ha chiuso a chiave la porta della stanza del delitto, prima di andar via. Pochi minuti prima di essere uccisa, la contessa (che era solita dormire fino a tarda ora) era inaspettatamente scesa in cucina, al piano inferiore della proprietà: durante la preparazione delle colazioni, la cameriera inglese (Melanie) aveva infatti incontrato un problema con il tostapane. Solamente la contessa sapeva come sbloccare (attraverso l’utilizzo di una forchetta) il congegno che permetteva all’aggeggio di riprendere a funzionare. Risalita in camera da letto dopo questa breve permanenza in cucina, alberica filo della torre ha il tempo di recarsi in bagno, sfilarsi di dosso la vestaglia del pigiama e prendere alcune pasticche delle quali faceva abituale consumo. È certamente dopo questi brevissimi attimi, che alberica filo della torre si trova faccia a faccia con l’omicida: tra i due nasce un corpo a corpo. La contessa finisce sul pavimento e sclacia. L’assassino afferra uno degli zoccoli da piede della vittima e inizia a colpirla al viso, ripetutamente, provocandole gravi lesioni. Subito dopo, cerca di soffocare la nobildonna appoggiando fortemente due dita al collo. Per essere maggiormente sicuro di aver neutralizzato la vittima, afferra un lenzuolo e lo avvolge completamente intorno al viso della contessa. Impedendole in modo definitivo di respirare. Prima di andar via, l’assassino sottrae qualche gioiello dalla stanza ma lascia al polso della contessa un orologio di gran valore. Chiude la porta a chiave, porta con se la chiave stessa e si dilegua. Indisturbato. Il giorno in cui è avvenuto l’omicidio era speciale per i coniugi Mattei: era il loro decimo anniversario di matrimonio, e la villa era frequentata (sin dalle primissime ore del mattino, ancor prima che l’ingegnere lasciasse la proprietà per recarsi la lavoro nel suo ufficio in città) da alcuni operai, intenti a preparare il giardino per una festa che la contessa e il marito avevano organizzato per quella stessa sera. Nonostante ciò, e nonostante la presenza in villa di altre 6 persone (le due domestiche filippine, la cameriera inglese melanie, i due figli della contessa e un amico di questi ultimi), nessuno ha notato quella mattina qualcosa o qualcuno. Inoltre i cani che si aggiravano nella villa sono rimasti tranquilli per tutta la mattina.

In conclusione, la domanda che mi (e vi pongo) è questa: il delitto perfetto esiste? Oppure un, in alcuni casi, un delitto viene reso perfetto dagli errori commessi dagli inquirenti durante le indagini che rallentano di anni e anni il raggiungimento della soluzione?


RE: Il delitto perfetto - Caillean - 18-09-2009

A parte alcuni casi che diventano...eccezioni storiche, credo che il delitto possa essere perfetto nel suo periodo storico, se polizia e periti non hanno in quel momento storico ancora tutti gli strumenti utili per venirne a capo.
Ma la scienza e la tecnologia applicate alla criminologia sono sempre in evoluzione come per fortuna lo è la medicina...