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Fantasy e religione - Versione stampabile

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Fantasy e religione - Umbra - 07-12-2010

Ragazzi, apro questa discussione prendendo spunto da uno scambio di post in varie parti del sito.

Continuiamo pure qua Occhiolino


(04-12-2010, 18:52)Coligne Ha scritto:  Volevo segnalarvi questo (a mio avviso) interessante articolo che tento di esaminare, dal punto di vista filologico il Fantasy. In particolar modo questa parte, in cui si disquisisce della magia: http://www.culturacattolica.it/default.asp?id=78&id_n=2116.
La cosa che mi ha lasciato più colpito è stata, più che l'articolo in se, il sito dove l'ho trovato: culturacattolica.it.Urgh Non mi sarei aspettato di trovare un articolo simile (che, se non ne tesse le lodi, se non altro non lo attacca, e anzi tenta di fare un analisi il più obiettiva possibile della situazione)

In particolar modo ritengo queste parole la miglior disamina sul ruolo della magia che mi sia capitato di leggere:

Citazione:L’obiezione principale al fantasy verte spesso sulla presenza e sull’importanza della magia, che ne farebbe un genere puerile, adatto solo ai bambini che possono ancora credere a cose cui un adulto non deve più prestare fede. Recenti le polemiche suscitate a questo proposito per esempio dalla saga di Harry Potter. Da un lato un adulto non può leggere con piacere vicende che sa essere false; dall’altro si teme che i bambini possano invece crederle vere. Tuttavia questa obiezione, portata alle sue estreme conseguenze, abolirebbe non solo il fantasy, ma tutta la letteratura ad esclusione della cronaca. Nessuno è costretto a credere nell’esistenza reale e storica di Renzo e Lucia mentre legge “I promessi sposi”, né il sapere che non sono esistiti diminuisce il piacere della lettura. Le creazioni letterarie godono di una forma di esistenza altra, la cui utilità vedremo messa in luce, in particolare proprio per il fantasy, da Tolkien.
L’obiezione verso la presenza della magia nasce dalla potente tentazione che essa rappresenta per l’uomo. La magia in effetti disegna il sogno di un mondo dove il desiderio dell’uomo è sovrano. Anche nel mondo secondario, tuttavia, la soddisfazione dei desideri implica delle condizioni; senza, la magia diventa “magia nera”, è il male stesso: la pretesa di avere qualcosa senza pagarne il prezzo, che ha tuttavia come prezzo finale la perdita di sé e la rovina. Il fantasy non crea affatto un mondo privo di limiti per l’azione dell’uomo: anzi, spostando il limite oltre ciò che all’uomo è possibile nel mondo reale, ma dovendo comunque introdurre un limite ulteriore, non fa che ribadirne la necessità. Il racconto di magia nasce nel punto esatto in cui il mondo reale fallisce lo scopo di essere adeguato all’ideale della corrispondenza tra purità di intenzione e esito dell’azione. Il fantasy racconta la vittoria del bene su ciò che lo minaccia; e se l’horror esprime la paura, il fantasy proclama piuttosto la speranza.



(07-12-2010, 18:27)pazzo_pazzini Ha scritto:  @Coligne
Citazione: più che l'articolo in se, il sito dove l'ho trovato: culturacattolica.it. Non mi sarei aspettato di trovare un articolo simile (che, se non ne tesse le lodi, se non altro non lo attacca, e anzi tenta di fare un analisi il più obiettiva possibile della situazione)

Bè...questa è un'affermazione un po' strana considerato che Tolkien e Lewis sono in primo luogo cristiani e "osannati" come tali da tutto il mondo cattolico. Al riguardo, e se hai interesse ad approfondire tale questione, ti invito a cercarti qualcosa di scritto da Rialti, ricercatore dell'Università di firenze specializzato in letteratura inglese e del fantastico e docente di letteratura all'Università di teologia di Firenze. Non dimentichiamo poi che anche la nostra buona Robin Hobb è una fervente cattolica ;-)

(07-12-2010, 21:18)Coligne Ha scritto:  è proprio quello che mi da sui nervi: pur essendo molti autori dichiaratamente ferventi cattolici (lewis su tutti) certe gerarchie non si fanno scrupoli a criticare (senza conoscere) il genere.

(07-12-2010, 21:58)pazzo_pazzini Ha scritto:  Bè...che certe gerarchie critichino è quasi inevitabile: la Chiesa contiente un miliardo di persone ed è ben facile che le voci siano piuttosto discordanti. Su Tolkien è però chiara la posizione della Chiesa in generale, che si è anche espressa unanimemente: il suo scritto non presenta immagini sbagliate(mi pare che due o tre anni fa una sinodo abbia decretato qualcosa del genere ma dovrei informarmi meglio e questa esigenza di "decretare" nasce dal fatto che la Chiesa ha a cuore i suoi fedeli e quindi la pria cosa che tende a fare è dare un giudizio sulla realtà che possa guidare i fedeli stessi, non tanto per vietare di leggere cose quanto per far si che i lettori cattolici non leggano in modo neutro ma applicando un sano uso della critica).
La questione su cui spesso nascono le critiche in seno alla Chiesa è quella della magia: Tolkien non la presenta in maniera "sbagliata", forse la Rowling lo fa, ma per spiegarmi mi sa che sarebbe il caso di aprire un topic apposito. Quasi quasi lo faccio!

Comunque ripeto: vai a leggerti qualche articolo di Rialti, che non solo è chiaro ma riesce anche a parlare direttamente al cuore di noi lettori (soprattutto se lo si ascolta non tanto se lo si legge).

Beer

Per cambiare argomento: stasera licantropata! Beer



RE: Fantasy e religione - pazzo_pazzini - 08-12-2010

Bè...considerando che anche la citazione di Coligne cita la magia mi lancio. (Direi che questo intervento può essere considerato IT considerando che Rialti è un fervente cattolico e giudica anche attraverso gli occhi di un letterato a cui sembra di vedere in alcune branche della letteratura fantasy moderna una paganizzazione della cultura).

Ho di recente letto un articolo di Rialti su Harry Potter.

Come ho già accennato Edoardo Rialti è ricercatore presso l'Università di Firenze e docente di Teologia presso la medesima università. La sua materia e i suoi studi sono in tutto dedicati a Tolkien, Lewis e altri, tra cui O'Brien.

Ho trovato molto interessante quanto egli sosteneva rispetto ad Harry Potter, anche considerando il fatto che mio punto di partenza è la passione per i libri della Rowling e un interesse pedagogico, essendo io coinvolto in diverse iniziative per ragazzi.

Punto di partenza della riflessione di Rialti è il seguente: quando si guarda ad una ambientazione fantasy, che possiede quindi regole naturali diverse da quelle del mondo in cui viviamo, bisogna analizzare innanzitutto il panorama di immagini che l'autrice crea. Questo è valido sia in quanto noi siamo portati per natura ad associare ogni pensiero/azione ad una immagine fissata nella nostra mente, sia, soprattutto, perchè durante l'infanzia la nostra personalità si forma sulle immagini, che siano esse quelle delle azioni dei nostri genitori o quelle delle storie che ci vengono raccontate. Al riguardo basti pensare all'importanza che rivestono le fiabe nel nostro occidente e la tradizione orale nelle civiltà che non hanno conosciuto l'industrializzazione. Ad esempio, la favola di cappuccetto rosso insegna ai bambini a non fidarsi degli sconosciuti e così via (interessante per quanto concerne le favole è la costante presenza della matrigna e mai, o quasi, della madre...).
Questo vale soprattutto per la saga di Harry Potter in quanto creata per un pubblico di infanti ed in quanto ricca di un immaginario affascinante e di certo in grado di "influenzare", sia in senso positivo che in senso negativo.
Rialti si sofferma, dopo questa premessa, su due elementi: in base a cosa si dà un valore alle persone all'interno delle storie del maghetto e che ruolo riveste la magia, paragonando il tutto continuamente al Signore degli Anelli.
Iniziamo con i pensieri sulla magia: essa, dice Rialti, nella tradizione occidentale ha la caratteristica di essere una forza che cerca o di manipolare la realtà o di possederla; nel mondo delle fiabe occidentali la magia non viene mai usata dal personaggio principale, a meno che essa non sia un "talento" naturale, e quando accade che il personaggio la usi le conseguenze sono sempre gravide di sciagure. La magia, nelle fiabe occidentali, entra sempre tramite l'intervento "salvifico" operato dalla fata/mago/altro di turno, che aiuta il personaggio senza mai manipolare la realtà tramite la magia stessa. In questo breve schema entra appieno il Signore degli Anelli: è Gandalf ad usare un certo tipo di magia assumendo su di sé una funzione salvifica per Frodo; Saruman si corrompe usando il Palantir (volendo cioè controllare la realtà) e Frodo stesso, nel momento in cui usa l'anello, viene tanto ferito nell'anima da non essere più in grado di separarsene. Perchè questo? Nel Signore degli Anelli è chiarissimo: non si può sconfiggere il male servendosi delle sue stesse armi, perchè nessuno è in grado di controllare un potere che manipola la realtà senza esserne ferito e, alla fine, fallire. Frodo stesso non riesce a buttare l'anello nel Monte Fato e chiunque provi a servirsi dell'anello pensando "siamo buoni sappiamo come si usa una cosa che è potenzialmente malvagia" fallisce.
In Harry Potter tutto questo non accade: veniamo proiettati in un mondo dove una ristretta cerchia di eletti è in grado di controllare la magia nel modo giusto e ciò che li differenzia dai malvagi è che loro sanno usare il potere nel modo giusto e i cattivi no.
Se si prova a proiettare una cosa del genere ad un ipotetico potere politico/scientifico o altro, che dicesse che solo lui sa usare un presunto "potere" nel modo giusto e gli altri lo usano nel modo sbagliato si capisce la gravità di un tale immaginario. In Harry Potter si usa lo stesso potere che viene usato dai malvagi per sconfiggere i malvagi stessi.
Secondo elemento analizzato da Rialti è il valore dato alle persone: chi ha valore in Harry Potter? I maghi, coloro che vengono segnati dal destino e basta. Il nostro eroe non è una persona normale chiamata insieme ai suoi amici ad affrontare le difficoltà di una ardua avventura, come accade a Frodo, ma è un eletto, segnato sulla fronte dal destino e obbligato a divenire ciò che è. Frodo è tanto libero che alla fine del libro decide di non buttare l'anello, di tenere una cosa malvagia in vita, Harry Potter quando mai è libero di decidere di non sconfiggere Voldemort? Hanno valore, nell'ottica del panorama immaginifico della Rowling, anche e solo i maghi: essi sono una sorta di casta segreta che, all'oscuro dei babbani (sinonimo di tonti), dirige i destini del mondo; essi sono degli "eletti" di sangue, quasi dei nobili, che sono cooptati nell'ingresso in una accademia che usa lo stesso potere di cui si serve Voldemort; essi se non disprezzano i babbani, li trattano o come un elemento di curiosità (come il padre di Ron) o come una razza da rispettare che ha qualcosa in meno e che non deve sapere di essere più debole di tutti i maghi.

Queste più o meno le riflessioni di Rialti. Le ho trovate interessanti. Le ho postate nella stessa ottica con cui Gabriele Kuby ha scritto un suo saggio su Harry Potter: la saggista tedesca, che ha anche intrettenuto uno scambio epistolare con il Papa, ha esplicitamente detto di aver fatto leggere Harry Potter ai suoi figli, salvo poi rifilargli immediatamente il Signore degli Anelli.

Che ne pensate?

Quello che ha spaventato di più il sottoscritto è l'elitarismo della società dei maghi e la "loro" pretesa, se la lettura di Rialti è vera, di essere in grado di usare lo stesso potere del male per sconfiggerlo. Se pensate a Sauron e a Gandalf le differenze tra loro sono ontologiche: il secondo rifiuta di manipolare la realtà, di avere quel potere mentre il primo no; se pensate a Harry Potter e a Voldemort le differenze si assottigliano. Che differenza c'è, mi chiedo io, tra un Voldemort che spezza la sua anima per avere l'eternità e un Nicolas Flamel che trova la Pietra Filosofale per rimanere vivo per sempre?

Che ne dite? Unsure