R. Hobb e T. Brooks a confronto: la scelta
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03-01-2010, 11:58,
Messaggio: #1
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R. Hobb e T. Brooks a confronto: la scelta
Posto qui le mie ultime riflessioni su Robin Hobb, in un confronto con Terry Brooks ed altri autori sul tema della S C E L T A
Non temete Spoiler, quelli presenti sono coperti e si riferiscono a Brooks. Per la Hobb sono presenti solo discorsi in generale non spoilerosi. Nella Biblioteca del sito troverete il brano definitivo ben sistemato dalla Matta: spero che vi piaccia e vi invogli a leggere Brooks, per quelli che non l'hanno ancora fatto ___________________________________________________________________________ La scelta: percorsi paralleli tra T. Brooks e R. Hobb
Terry Brooks e Robin Hobb sono autori fantasy fra i più apprezzati e conosciuti, l’uno grande maestro vivente del genere, l’altra maggiore penna femminile, degna erede della geniale Ursula LeGuin. Entrambi sono accumunati da una grande sensibilità verso le imprevedibili sfaccettature dell’agire umano, e talvolta capita che si pongano le stesse domane o giungano inaspettatamente alle stesse risposte. Succede anche, e la cosa stupisce non poco, di trovare espressioni molto simili in romanzi totalmente diversi quanto ad ambientazione e impianto narrativo – e su una di queste riflessioni comuni prende le mosse questa mia breve disamina. Ne I Talismani di Shannara di Brooks (1993) al cap. 20 si legge: “La vita è il tempo delle scelte, Walker Boh. La morte è il tempo per ricordare cosa abbiamo scelto. Qualche volta i ricordi non sono piacevoli”; ne Il risveglio dell’assassino (2001), al cap. 9 Robin Hobb esclama: “La morte è sempre meno dolorosa e più facile della vita! Dici il vero. Eppure, giorno dopo giorno, non scegliamo la morte. Perché tutto sommato la morte non è l’opposto della vita, ma l’opposto della scelta. La morte è ciò che rimane quando non c’è più scelta”. Queste due frasi ci accompagneranno lungo tutta la mia riflessione; esse sono sintomo di un sentire comune sulla percezione e la considerazione del momento della scelta: vediamo insieme i punti di convergenza sul tema, secondo quanto ci rivelano nelle loro opere questi due indiscussi, eterni maestri. La frase in esame di Brooks è pronunciata dall’ombra del Druido Allanon mentre parla a Walker Boh, Spoiler [leggi] Beloved, il geniale personaggio della Hobb autore della seconda citazione, muove dalla considerazione che l’uomo – o almeno la sua parte più irrazionale – per sua stessa natura cerca sempre di sopravvivere agli eventi che si abbattono su di lui (concetto ribadito spesso dall’autrice; vedi su tutti La nave della magia, cap.15, La nave del destino, cap. 7 e Il destino dell’assassino, cap. 23). Ricercando sempre disperatamente la vita, l’uomo ricerca sempre lo spazio della scelta, in quanto la fuga dalla morte trova le sue radici nella paura di non poter più scegliere, benché spesso – e lo vedremo più avanti – si sottovaluti l’impatto delle proprie scelte. Per comprendere bene il concetto di scelta, bisogna partire da quello fondamentale di destino: la vita dell’uomo è interamente predeterminata (e in questo caso le scelte sono solo fittizie) oppure il futuro non è mai definito finché non si avvera nel presente? In Terry Brooks l’idea di un destino esiste, ma con toni così sfumati da non inficiare la possibilità di scelta dei suoi personaggi. Il destino nelle sue opere si configura come futuro: non vi è un disegno preordinato e teleologicamente diretto da un’entità superiore (divinità), bensì vi sono eventi che devono accadere e pertanto possono essere previsti. In tutta la sua opera sono presenti profezie diversissime caratterizzate da una variabile indeterminatezza. A rivelarle sono veggenti, spiriti fatati o ombre dei defunti, che non svelano quasi mai cosa dovrà ineluttabilmente essere, bensì ciò che sarà come naturale conseguenza delle cose, rectius delle scelte; se queste sono molte o molto difficili, la previsione è meno chiara e certa: le azioni dei singoli creano infatti il destino, e le scelte sono dei bivi oltre i quali è impossibile per gli oracoli sapere (vedi su tutti La Canzone di Shannara, cap. 31: “Certe verità non potevano essere rivelate. Il futuro non era mai inalterabilmente fissato, e la sua rivelazione era necessariamente sempre oscurata da quello che ancora poteva essere”). Le visioni più complete e precise sono paradossalmente quelle dei futuri che i protagonisti sono chiamati a non far avverare, quelli che in nome del bene comune devono essere scongiurati (vedi ex plurimis Gli Eredi di Shannara, cap. 1, La Strega di Ilse, cap. 13 e per intero la Trilogia del Verbo e del Vuoto). In questo caso le scelte sono ancora meno condizionate, ancora più libere, in quanto il futuro intravisto è subordinato alle stesse, ne è anzi la diretta conseguenza, e modificando le prime in una data – e spesso dura – direzione s’impedisce il verificarsi del secondo. Siamo, com’è facile capire, molto distanti dalle due principali tradizioni letterarie alla base dell’opera di Brooks: la prima, remota e ideale, è quella dell’antichità greca epica e tragica, dove le scelte umane non possono in alcun modo cambiare il destino espressione della divinità; qualunque tentativo di sfuggire a quanto stabilito si ritorce grottescamente contro, a dimostrazione dell’impotenza dell’uomo e della vanità dei suoi sforzi di fronte all’infinito del sacro (vedi, non a caso, su tutti l’opera di un sacerdote dell’epoca, Sofocle, Edipo re). La seconda è quella ben più vicina e diretta di J.R.R. Tolkien che – in sintonia con la sua educazione cattolica – prefigura l’esistenza di una Provvidenza universale che guida le azioni degli uomini, limitandone in maniera impercettibile le scelte o, meglio, indirizzandole nel fine; questa concezione, di stampo quasi manzoniano, si ritrova nel bellissimo dialogo fra Gandalf e Frodo a proposito del trattamento da riservare a Gollum (vedi Il Signore degli Anelli, La Compagnia dell’Anello, libro I, cap. 2). Coerentemente, Tolkien affida la soluzione del suo romanzo non a una scelta del protagonista, bensì a un’apparente coincidenza, derivata comunque dalla scelta in discussione nel brano citato e resa fruttifera dall’intervento della Provvidenza. La concezione di Robin è ancora diversa quanto alla riflessione di partenza, ma gli esiti sono simili a quelli brooksiani. La Storia del mondo è attraversata da corsi e ricorsi continui studiati da alcuni individui particolari – i Profeti Bianchi – dotati di capacità divinatorie; non vi è però un solo futuro che deve essere, bensì una miriade di destini più o meno diversi e contigui: a seconda delle scelte degli uomini – in relazione con quelle di uno specifico fra essi, il Catalizzatore di ogni epoca – viene ad avverarsi questo o quel destino, da cui nasceranno ancora altri destini multipli di cui uno solo si avvererà (vedi L’apprendista assassino, cap. 25, Il viaggio dell’assassino, cap. 16 e soprattutto Il destino dell’assassino, Prologo: “La premessa del Profeta Bianco sembra semplice. Costui voleva indirizzare il mondo su un percorso diverso da quello in cui girava da tanti cicli di tempo. […] Ogni minima azione generosa dà una spintarella al mondo avviandolo su un percorso migliore. Un accumulo di piccoli atti può cambiare il mondo. Il suo destino può imperniarsi sulla morte di un solo uomo. O girare in modo diverso se sopravvive”). L’immagine scelta dall’autrice è quella molto poetica di una ruota che gira su se stessa: basta un piccolo sassolino nel solco scavato per farla deviare dal suo tracciato (vedi Il destino dell’assassino, Prologo: “Cos’ero per il Profeta Bianco? Ero il Catalizzatore. Il Cambiamento. Il sasso che lui deponeva per sbalzare le ruote del tempo fuori dal solco. Un sassolino può far deviare una ruota dal percorso, mi disse, ma mi avvertì che di rado era un’esperienza piacevole per il sassolino”). Gli uomini con le loro azioni sono i sassolini che spostano il destino dal proprio asse, che operano il cambiamento del futuro; questo può anche essere quello previsto – e allora il sassolino non ha spostato la ruota ma ne è stato schiacciato – o al contrario può essere un futuro creato dalle scelte umane in atto, anche imprevisto e imprevedibile. D’altra parte, “la storia è quello che facciamo nelle nostre vite. La creiamo mentre viviamo. […] Il futuro è solo un altro tipo di storia” (vedi L’assassino di corte, cap.15). La ciclicità è una caratteristica del destino di tutti gli uomini, e deve essere affrontata con le scelte giuste per evitare al singolo quello che succederebbe al mondo se il Catalizzatore fallisse: il personaggio che più incarna questa visione è il Capitano Kennit, che inconsapevolmente e credendo di avere sempre il controllo delle cose finisce per ripercorrere gli errori del Capitano Igrot. Anche per Kennit la scelta è possibile e sarebbe risolutiva, ma egli per orgoglio non è capace di imboccare le strade giuste, è come un cieco che non riesce a vedere le torce rette per lui lungo il cammino, un uomo in balia della ciclicità e incapace di trovare un sassolino per far deviare la ruota (vedi su tutti La nave della pazzia, cap. 10). Il futuro è quindi determinato totalmente dalle scelte degli uomini, di tutti gli uomini in ogni momento: non esiste uno ‘spazio neutro’ non influenzabile dalle scelte, in quanto anche il semplice non fare nulla e restare ad aspettare è una scelta; può essere difficile accorgersene, ma la vita coincide con gli infiniti bivi che ci si presentano: “tutto il tempo, ogni istante, è ricco di convergenze di scelte. Ci si abitua, al punto che a volte devo fermarmi a rammentare a me stesso che sto compiendo scelte, anche quando non sembra. Ogni respiro è una scelta” (vedi Il destino dell’assassino, cap. 15). Accertato che nessuno dei nostri due autori crede all’esistenza di un destino ‘blindato’ e impermeabile alle scelte degli uomini, ci si deve interrogare sull’effettività dello spazio di scelta dei personaggi di cui stiamo parlando; non dimentichiamo che anche Tolkien si affida in ultima istanza a una scelta, ma ne subordina gli effetti all’intervento della Provvidenza. In Brooks e nella Hobb, allora, come si caratterizza l’arbitrio dei personaggi? Questo argomento è uno di quelli su cui più s’interroga Terry Brooks, giacché i suoi protagonisti sono chiamati per lo più a scelte tragiche da cui scaturiscono tremendi conflitti interiori tra necessità di servire e libertà di agire. Succede abbastanza di frequente che essi siano tenuti all’oscuro su cosa li attende e lasciati soli e impreparati di fronte al pericolo: la motivazione data è che essi devono volgere al bene supremo delle Razze – fine ultimo di ogni storia narrata da Brooks – senza per questo dismettere il proprio arbitrio. I Druidi agiscono normalmente così, nel mistero e nella mezza verità, e si potrebbe accusarli facilmente di incatenare la facoltà di scelta dell’eroe dirigendone le mosse – ma sarebbe un’accusa almeno ingenerosa: spetta infatti proprio all’eroe di turno scoprire da solo la verità e accettarla, perché altrimenti la scelta non sarà mai veramente sua ma eterodiretta dall’intervento druidico. Il rischio sempre presente è il fallimento (vedi La Canzone di Shannara, cap. 23), ma almeno viene preservato l’arbitrio del singolo cui si lascia la scelta ultima di cosa sia giusto fare. Non presentando verità precostituite, i Druidi non impongono il loro punto di vista: si limitano a indirizzare uomini ed eventi, confidando nella forza del cuore dei primi per il buon esito dei secondi; dirà molto significativamente il Druido Allanon ne Le Pietre Magiche di Shannara, cap.53: “La decisione finale è stata sua […] non mia. Io non ho mai influito su di lei, ho soltanto fatto in modo che lei capisse le conseguenze che sarebbero derivate dalla sua decisione, qualunque fosse stata. Questo è diverso…” Parole altrettanto importanti per capire la concezione brooksiana di scelta sono quelle rivolte a Walker Boh da uno spirito fatato, ne Il Druido di Shannara, cap. 31: “Non combattere contro te stesso o contro ciò che potresti essere. Considera semplicemente le tue scelte. Niente è prestabilito, Walker. Abbiamo sempre una possibilità di decisione”. Walker può sempre scegliere – e lo farà fino all’ultimo nella sua vita – in quanto è un uomo, nonostante tutti dettami del destino e retaggi del sangue. Scegliere liberamente significa per Brooks accettare le conseguenze delle proprie azioni; per questo le scelte dei suoi romanzi non possono che essere tragiche, grondanti di conseguenze e riflessi per il futuro (per una concezione simile della libertà di scelta in Robin Hobb, vedi Il destino dell’assassino, cap. 12: “È quello che devono fare gli adulti. Prendere decisioni. E poi affrontare le conseguenze”). È pertanto presente una grandissima consapevolezza dell’effetto delle scelte sul futuro proprio e del mondo, difficilmente riconosciuta dai personaggi della Hobb che per lo più ignorano la propria importanza nel determinare il futuro. Nei romanzi della Hobb, infatti, la questione si pone su chi compie le scelte che spostano la ruota del destino. I re, i guerrieri, i popoli? Tutte le precedenti risposte sono errate e giuste al contempo: le scelte che cambiano volto al mondo sono quelle dei singoli, indipendentemente dalla loro posizione sociale o attitudini personali. Il mondo è in fondo una grande rete di rapporti che unisce gli uomini e le loro possibilità: ogni filo pur piccolo che si tenda, ogni scelta che si effettua, cambia l’intero ordito e lo porta ad adeguarsi a esso (in una concezione solo in questo simile a quella espressa da G. G. Kay nella Trilogia di Fionavar). I futuri sono infiniti in quanto infiniti gli uomini che possono incidervi con le loro infinite possibilità di scelta. La difesa del singolo e del suo ‘peso’ per il destino del mondo non ha precedenti: per Tolkien la chiave di volta del cambiamento non era il singolo come unità, bensì l’umile, l’eroe improbabile; Lois McMaster Bujold nel Ciclo di Chalion difende ferocemente l’autonomia decisionale dell’uomo, rispetto non alla moltitudine ma alla divinità, che non può in alcun modo piegare la volontà umana; Philip Pullman nella Trilogia Queste Oscure Materie si preoccupa del singolo come voce oppressa da un pensiero dominante e imposto, portatore sano di un’individualità differenziante e plurale; Brooks infine, riprendendo Tolkien, vede il singolo come la persona, improbabile e ancor più spesso riluttante, al cui coraggio è demandato il compimento di missioni cruciali. Per la Hobb invece – e il messaggio è rivoluzionario – l’individuo rileva alla luce dell’uguaglianza: tutti i singoli – non solo gli eroi, i maghi, i re o al contrario gli umili – hanno uguale libertà di scelta e ugualmente le loro azioni alterano il disegno del destino. Consapevole della novità e dirompenza del suo messaggio, l’autrice lo proclama chiaramente per bocca del suo personaggio principale, lasciando di stucco lettori e coprotagonisti: “Questo più di qualsiasi altra cosa, è ciò che non ho mai capito di voialtri. Voi potete lanciare i dadi e comprendere che tutta la partita può dipendere da come cade un solo dado. Date le carte, e dite che tutta la fortuna di un uomo per quella notte può dipendere da una mano. Ma l’intera vita di un uomo, quella la disprezzate e dite, come! questa nullità di un umano, questo pescatore, questo falegname, questo ladro, questo cuoco, che mai possono fare nel vasto mondo? E così consumate le vostre vite vacillanti, come candele in una corrente d'aria” (vedi L’assassino di corte, cap. 15). Il paragone con le carte da gioco rende bene l’idea di un futuro fluido e costruito ugualmente dalle azioni di tutti; il pericolo è semmai quello di sottovalutare la forza e la portata del proprio agire. Sarebbe facile criticare per eccessivo ottimismo l’idea della Hobb, che però ribatte sottolineando come non solo un futuro migliore è determinato dalle azioni degli uomini, ma anche uno peggiore; le azioni di per sé possono essere buone o cattive, ma sempre azioni sono, e anche il fine ultimo di distruzione della specie umana deve passare necessariamente per le azioni degli uomini (vedi Il risveglio dell’assassino, cap. 10). Abbiamo finora visto come la scelta sia per Brooks e la Hobb lo strumento con cui costruire il futuro del mondo, per operare il cambiamento sul tracciato formato dalle scelte precedenti. In maniera diversa ma senza tentennamenti, entrambi gli autori danno grande rilevanza al problema della libertà dell’uomo di fronte alla scelta, al destino e alle conseguenze del cambiamento. Tornando con la mente alle due citazioni d’apertura, esse sono portatrici di un messaggio molto chiaro: la vita è il momento delle scelte, la morte la loro negazione. Si può notare che è logicamente corretto escludere i morti dal campo della scelta: pur configurando una via dopo la morte – e quasi tutto il mondo fantasy lo esclude, Brooks incluso – bisogna prendere atto che i defunti sono al di là delle trame del tempo. Una loro scelta configurabile in astratto non produrrebbe alcun cambiamento nel mondo, quindi non esisterebbe del tutto. Pocanzi avevamo ricordato la tradizione mitica greca. È forse a questo punto più giusto notare che Terry Brooks e Robin Hobb in realtà si muovono sul crinale di ben altra concezione, quella cristiana, sotto almeno un punto di vista: in base alla concezione cattolica, l’uomo pone in essere in vita le scelte che decideranno in morte il proprio destino, e qualsiasi atto (parole, opere e omissioni) è capace di determinare la salvezza o la perdizione. Come ci ha insegnato Dante, nella morte – rectius, nella vita dopo la morte – non rimane altro che ricordare cosa si è scelto, nella luce eterna come nel più profondo abisso. marco |
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03-01-2010, 12:48,
Messaggio: #2
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RE: R. Hobb e T. Brooks a confronto: la scelta
Bell'articolo, complimenti!
Se posso permettermi soltanto un piccolo e misero appunto: (spoiler sulla Canzone di Shannara) Spoiler [leggi]
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03-01-2010, 16:46,
Messaggio: #3
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RE: R. Hobb e T. Brooks a confronto: la scelta
L'articolo lo adoro, e Marco lo sa già.
(03-01-2010, 12:48)Wintrow Ha scritto: Se posso permettermi soltanto un piccolo e misero appunto: (spoiler sulla Canzone di Shannara) Oddio, anticipazione gigantesca tanto quanto perché il ciclo degli Eredi è ambientato generazioni e generazioni dopo la prima trilogia di Shannara, quindi - pur considerando la vita lunghissima dei Druidi - è una cosa che un lettore può francamente aspettarsi. Si può omettere la parola "ombra", al limite, ma mi rimetto alla volontà di Umbra. ;-) PS: Il suggerimento è sensato e tutt'altro che fuori luogo, ma se fosse saltato fuori nella Confraternita d'Arte sarebbe stato meglio: Marco ci aveva interrogato proprio sull'argomento spoiler! Occhi-di-notte Ha scritto: |
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03-01-2010, 16:58,
Messaggio: #4
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RE: R. Hobb e T. Brooks a confronto: la scelta
Ragazzi, siete voi i capi - oltre che esperti conoscitori di Brooks - quindi decidete voi. Io non credo che citare come morto un personaggio (senza ovviamente dire come dove e quando) sia molto grave, dal momento che la Saga di Shannara dal Primo Re a Straken dura 14 libri su un arco di tempo di circa 1200 anni! In questo periodo potrà ben schiattare qualcuno
Poi, ripeto, mi rimetto al vostro giudizio, ma togliere 'ombra' farebbe imho perdere senso a tutto il brano. marco |
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03-01-2010, 17:20,
Messaggio: #5
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RE: R. Hobb e T. Brooks a confronto: la scelta
Marco, la tua osservazione su qualche morto nel corso di 1200 anni è più che valida, ma Allanon si incontra già nel primo. Se uno legge prima il tuo articolo e poi comincia "La Spada", già poche pagine dopo
Spoiler [leggi] Io mi son preso lo spoiler de "La Furia dell'Assassino" leggendone la quarta di copertina. (segue spoiler gravissimo sul finale de Il risveglio dell'assassino/Fool's Errand) Spoiler [leggi] Comunque Barbara, lo spoiler che intendo io non è riferito a ciò che accade negli Eredi tra Allanon e Walker, ma a quello che accade nella Canzone! Tra l'altro sai che non trovo nella Confraternita ne l'articolo di Marco, nel il punto in cui chiede lumi sugli spoiler?
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03-01-2010, 18:25,
Messaggio: #6
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RE: R. Hobb e T. Brooks a confronto: la scelta
(03-01-2010, 17:20)Wintrow Ha scritto: Comunque Barbara, lo spoiler che intendo io non è riferito a ciò che accade negli Eredi tra Allanon e Walker, ma a quello che accade nella Canzone! Tra l'altro sai che non trovo nella Confraternita ne l'articolo di Marco, nel il punto in cui chiede lumi sugli spoiler? E' nella discussione 'mie riflessioni sui libri'. (24-11-2009, 21:00)Umbra Ha scritto: Propongo oggi una riflessione sul tema della SCELTA tratta da un raffronto fra l'opera di RObin Hobb e quella di Terry Brooks (ma si toccano molti altri autori). Gli spoiler sono pochi ma ci sono: prego la Matta, che in questo è più attenta di me, di consigliarmi cosa sbarrare con la dicitura SPOILER. Ditemi cosa non va o se ci sono errori Non sono d'accordo con te, però, sul paragone con la Hobb in quanto le vicende dei tre cicli sono ricomprese in massimo una ventina d'anni. Comunque decidete voi di comune accordo, salvo stravolgimenti immensi, a me non cambia nulla marco |
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03-01-2010, 18:40,
Messaggio: #7
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RE: R. Hobb e T. Brooks a confronto: la scelta
Caspita, proprio non l'avevo visto quel post! Comunque a questo punto pure io non so bene cosa dire! Anche per me è indifferente!
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03-01-2010, 23:43,
Messaggio: #8
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RE: R. Hobb e T. Brooks a confronto: la scelta
(03-01-2010, 18:25)Umbra Ha scritto: Comunque decidete voi di comune accordo, salvo stravolgimenti immensi, a me non cambia nulla Secondo me lo spoiler non c'è, altrimenti ti avrei suggerito di nasconderlo già nella Confraternita. Se un lettore di Brooks si aspetta di ritrovare tutti i personaggi anche nei libri che si svolgono centinaia di anni dopo le prime vicende, pecca un po' di ingenuità (oltre che di distrazione/disinformazione) e non ha diritto di gridare allo spoiler. La scomparsa di quel personaggio, per quel che se ne dice, potrebbe benissimo essere avvenuta negli anni che intercorrono fra i due cicli e non essere stata mai neppure descritta dal narratore. In trecento anni ne possono avvenire di cose... ^^ Occhi-di-notte Ha scritto: |
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04-01-2010, 02:14,
Messaggio: #9
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RE: R. Hobb e T. Brooks a confronto: la scelta
E allora lasciamo così!
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04-01-2010, 17:19,
Messaggio: #10
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RE: R. Hobb e T. Brooks a confronto: la scelta
Umbra, complimenti per la splendida riflessione. Mi ha lasciata senza fiato.
Comunque penso che anticipare la morte di Allanon - come avete detto voi - non sia un vero e proprio spoiler. Quando ho iniziato a leggere Shannara, il Spoiler [leggi] |
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