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Blood Memories intervista Terry Brooks (II)
I Guardiani di Faerie, appena uscito in Italia, è dedicato ancora una volta a Judine. Ci spieghi come tua moglie riesce a influenzare la tua attività di scrittore, la tua carriera?

Judine è la persona che mi mantiene con i piedi per terra e in equilibrio: senza di lei non avrei una meta ben precisa. Lei è la persona che bada ai piccoli dettagli che, se non controllati, manderebbero in pezzi la mia vita. Lei è la persona che mi incoraggia quando ho bisogno di incoraggiamento, e mi critica quando ho bisogno di critiche. E poi è la mia prima lettrice.



Ti posso garantire che i fan italiani amano Judine quanto amano te, per tutto questo! Sempre nei Guardiani di Faerie si dice che il Sonno Magico è prerogativa dei Druidi Supremi, ma già Bremen e Cogline lo utilizzavano. C’è stata una modifica delle regole dell’ordine ad opera di Grianne, per evitare le degenerazioni del passato?

Non lo so, francamente, non ricordo più cosa scrissi all’epoca: non ricordo chi usa il Sonno dei Druidi e chi no. Possiamo dire che c’è stata un’evoluzione, ecco.



Ho letto Witch Wraith ed è stato un colpo, il tuo libro più cattivo di sempre, come in parte ammetti nell’Ask Terry di luglio.

Lo è, lo è davvero...

Ho solo una domanda: quando lascerai in pace Grianne Ohmsford? Non le hai strappato ormai davvero tutto?

No, lei non merita niente di diverso da quello che ho deciso dovesse accaderle. Il cuore del ragionamento è che stavo esplorando la tematica del peccato e redenzione, bisogna tenerlo ben a mente. Si può essere perdonati per tutto nella vita? Il perdono può sanare le peggiori atrocità? Per ben nove libri ho studiato la questione e ho scritto giù ciò che credevo: la vita di Grianne è l’esempio tipico di qualcuno che all’inizio ricopre un certo ruolo e passa poi attraverso differenti stadi finché non raggiunge qualcosa simile alla pace. Ma alla fine, è perduta per un’ultima volta.

Un destino terribile, ero turbato.

Lo ero anche io mentre scrivevo.



Di recente hai scritto anche tre racconti. In passato avevi detto che non ti sentivi portato per questo genere: cosa è cambiato?

Ancora oggi non sono bravo con i racconti! La casa editrice mi ha però chiesto di scrivere racconti come parte di uno sforzo più grande per migliorare le vendite dei miei libri in formato elettronico, e per creare un legame più saldo con le persone che comprano ebooks. Così ho scritto i tre racconti, e vedrò come andranno le cose. Li ho scritti e forse a breve ne scriverò altri.



Facciamo un passo indietro. Nella trilogia Il viaggio della Jerle Shannara alcuni personaggi vengono tenuti in vita artificialmente da Antrax, per sfruttare le loro capacità di combattenti o la loro magia (Walker, Ard Patrinell). Avevi in mente il dibattito sull’eutanasia e sull’alimentazione forzata in caso di stato vegetativo? Io ho pensato subito a quello...

No, non pensavo a queste cose mentre scrivevo quelle pagine, non mi sono mai soffermato su queste tematiche. Trovo molto interessante questo tuo paragone, capisco perché hai pensato a queste cose, ma io non le avevo per nulla in mente. Pertanto, onestamente, devo risponderti di no.



Fra i tuoi personaggi più riusciti ci sono diversi veggenti. Perché tutti loro, irrimediabilmente, da Eowen all’Addershag a Ryer a Vree sono profondamente infelici? Conoscere il futuro non è un bene?

Be’, no, se possiamo credere alla storia di Cassandra. La mia esperienza con i veggenti è che ciò che loro sanno riesce sempre in qualche maniera da loro non prevista a ritorcersi contro di loro, ad esempio prevedendo il futuro sbagliato, perché la loro vista non è chiara. Per me la preveggenza è come una maledizione: puoi prevedere tutto il futuro che vuoi, ma non saprai mai le ripercussioni che avrà su di te.



Un paio di anni fa, a Lucca, hai affermato di non essere un innovatore, ma che la tua opera si inserisce nel solco di quella di Tolkien. A quarant’anni dalla morte del Maestro, come vivi il continuo raffronto fra voi due? Lo hai mai incontrato quando era ancora in vita o al Perno dell’Ade?

Credo che oggi nessuno più faccia paragoni fra me e Tolkien. No, non ho mai sentito cose simili. Credo che dopo 35 libri e tutto il resto un simile paragone non ha nessun rilievo. Oggigiorno sento queste cose solo quando qualcuno dice di avere letto prima Tolkien e poi me o prima me e poi Tolkien. Nessuno ci paragona per altri motivi, anche se ovviamente da un certo punto di vista tutti i libri [fantasy] sono simili a quelli di Tolkien. Solo questo. Molti giovani nemmeno pensano che Tolkien abbia scritto libri, credono che abbia fatto solo film, e questo è davvero inquietante e triste.



Secondo me sei stato un innovatore, soprattutto con la Trilogia del Verbo e del Vuoto. Hai inserito temi sociali come la perdita del lavoro, la droga e la povertà nelle tue storie. Ti ho amato tantissimo per questo. Pensi mai a ripetere l’esperimento?

Francamente non lo so. Non pianifico mai cosa fare dopo, mi concentro su quello che scrivo in un dato momento. I temi che hai citato meriterebbero che io scrivessi ancora su di essi, ma in questo momento non so proprio dirti nulla di più preciso.



Come sai, questa intervista verrà pubblicata sul fansite italiano di Robin Hobb, Blood Memories. A Lucca ci hai detto che siete amici e vi conoscete da tanto tempo: qual è l’episodio più buffo che ti viene in mente pensando a lei?

È un’ottima amica, ma storie su di lei? Fa una vita così tranquilla! Ho cenato con lei giusto un mese fa, e ti assicuro che è stata una serata molto tranquilla e ordinaria. Mi piace moltissimo il suo stile, è una scrittrice che tiene un basso profilo, non va molto in giro, ma si dedica molto alla scrittura. È una persona tranquilla. Io amo le sue storie, ma lei non vive in una di queste.


intervista di Marco “Umbra” Longobardo
Bologna, 3.9.2013
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