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Pat’s Fantasy Hotlist - Lug.05
Quale consideri il tuo punto di forza come narratrice?

Sicuramente la caratterizzazione. Conosco e amo i miei personaggi. Per me la storia non è fatta dagli eventi in sé, ma dalle conseguenze che questi eventi hanno sui personaggi. Così come do estrema importanza alla caratterizzazione nel leggere un libro, la ritengo un elemento fondamentale quando ne scrivo uno.



Qual è stata la parte più difficile nello scrivere I Lungavista, I Mercanti di Borgomago e L’uomo ambrato? Da dove è venuta l’idea che ha dato vita a queste serie? Qual è stata la scintilla che ti ha portato a scrivere Il figlio soldato?

Stai barando, Patrick! Queste sono tre domande, non una! La parte più dura nello scrivere qualsiasi romanzo è la prima bozza. Per me è molto difficile riuscire a mettere la storia su carta. Con ogni frase restringi a una singola traccia un infinito numero di possibilità. Così, ogni scena rappresenta una decisione sul modo in cui si evolverà la storia. Se una di queste decisioni si rivelasse sbagliata, la storia prenderebbe una direzione che non funziona dal punto di vista narrativo. In tal caso sarei costretta a tornare indietro e a tentare un’altra strada. Tiro sempre un gran sospiro di sollievo quando la prima bozza è finita. Fatto questo, tutto ciò che devo fare è rivedere quanto ho scritto e cercare di migliorarlo.



L’aver scritto già nove bestseller comporta una pressione aggiuntiva nell’affrontare un nuovo progetto?

L’etichetta di bestseller non è mai fra i miei obiettivi. Dopotutto, ci sono tante classifiche diverse di bestseller. Un libro può comparire in un elenco e non comparire in un altro, quindi non è una cosa su cui mi fermo a pensare. Fin dal principio, il mio obiettivo è quello di scrivere il miglior libro possibile, di raccontare la storia nella maniera migliore. Credo che se mai dovessi sedermi e dire a me stessa: «Devo scrivere qualcosa che invogli alla lettura un mucchio di gente così da vendere moltissime copie», mi causerei il peggior blocco creativo di sempre. Semplicemente, non avrei idea di cosa scrivere per compiacere i lettori. Ma quando invece penso a tutte le storie che desidererei scrivere, la mia reazione è di disappunto al pensiero che non vivrò mai abbastanza a lungo per scriverle tutte.



Sei stata riconosciuta come una fra i migliori autori del tuo genere. Dove ti posizioni, secondo te, nel panorama fantasy?

Nell’angolo di nordest, in alto, appena un po’ più a sud di Greg Bear. Parlando seriamente, mi è impossibile rispondere a questa domanda. È basata sull’opinione che altri hanno del mio lavoro. Chi ha detto che sono fra gli scrittori migliori del mio campo, e quando? A quale libro si riferiva e quanta familiarità aveva col genere fantasy? Se cominciassi a dare peso a cose del genere diventerei matta. Di giorno in giorno, come autrice, penso a quale scena devo scrivere, se devo rivedere un capitolo già scritto e anticipare qualcosa oppure se è meglio sorprendere completamente il lettore. La discussione sui meriti dei vari scrittori la lascio ai critici e a coloro che compilano le classifiche dei bestseller. Noi scrittori non abbiamo alcun controllo su certe cose, secondo me. Dipendono unicamente dalla reazione dei lettori al nostro lavoro.



Il World Fantasy Award fa parte delle tue aspirazioni?

Sinceramente no. Come ho detto prima, focalizzo la mia attenzione sui libri, non sulle vendite o sui riconoscimenti. Anche se aspirassi seriamente al World Fantasy Award, non credo che i miei romanzi potrebbero vincere. Io scrivo trilogie e le trilogie non sono adatte alla candidatura poiché ciascun volume rappresenta appena 1/3 della storia. Non sono immune al fascino di un trofeo luccicante. Ho vinto due volte l’Asimov Reader Award e Ossa per Dulath, la mia prima storia breve pubblicata in una collana commerciale, fa parte della raccolta Amazons! che vinse un World Fantasy Award come migliore antologia. Agli inizi della mia carriera desideravo davvero vincere dei premi. Avevo addirittura cominciato a pensare di poter scrivere una storia fatta apposta per ricevere delle nomination. Fortunatamente tornai alla ragione e mi resi conto che, se lo avessi fatto, non sarebbe più stata la mia storia. Penso che il lasciarsi incantare da fantasticherie sui premi sia un’insidia abbastanza comune per gli scrittori esordienti. Non è mia intenzione denigrare alcun riconoscimento. Gli elenchi dei vincitori sono un ottimo mezzo per scoprire libri e racconti brevi che potrebbero essermi sfuggiti.



Come organizzi il tuo lavoro? Raccontaci qualcosa di più della tua routine di scrittrice.

La mia giornata tipo inizia la mattina presto. Comincio con il quotidiano e una tazza di chai (ho rinunciato di recente al caffè), organizzo gli impegni familiari della giornata (sono una mamma e una nonna a tempo pieno) e poi accendo il computer. Non sto seduta davanti al monitor tutto il giorno; mi fa male alla schiena e alle mani e, ogni qualvolta rimango alla tastiera troppo a lungo, poi ne pago le conseguenze. Ma in realtà io lavoro tutto il tempo. Le attività ripetitive sono un modo eccellente per tenere occupata una parte della mente, mentre un’altra parte del cervello lavora su un dialogo o rimugina sul guaio in cui hai cacciato il tuo personaggio. Naturalmente controllo ogni giorno la mia casella di posta elettronica e visito il mio newsgroup una o due volte nell’arco della giornata. Il computer viene spento intorno alla mezzanotte.



L’avere un sito web personale e un newsgroup è indicativo dell’importanza che dai come autrice all’interazione con i lettori. Cosa c’è di speciale nella possibilità di relazionarti ogni giorno in modo diretto con i tuoi estimatori?

Interagire ogni giorno coi lettori è come una qualsiasi altra amicizia. Copre l’intero spettro dal sorprendente al tremendo, talvolta nell’arco di mezz’ora! Parlando seriamente, credo che sia utile interagire con i miei lettori perché i libri sono solo il punto di partenza della relazione. So che hai visitato il mio newsgroup e probabilmente avrai notato che vi si dedica pochissimo spazio alla discussione dei miei libri. Al contrario, vi si affronta ogni genere di argomento, talvolta seri, altre volte buffi ma sempre interessanti. Una delle cose che mi piacciono del newsgroup è l’alto livello di cortesia. Incomprensioni ci sono, ma in genere siamo molto tolleranti. Alcuni utenti non sono di madrelingua inglese, il che ci rende tutti consapevoli del fatto che l’uso di una lingua può essere una scienza inesatta. Spesso, quando qualcuno dà l’impressione di essere arrogante, la cosa è dovuta a una difficoltà linguistica e siamo tutti lieti che non si reagisca subito con un flame.



Hai partecipato di recente a una convention in Francia e presto ti recherai in Australia e di nuovo in Europa per promuovere Lo spirito della foresta. Sebbene ti porti via del tempo, quanto è importante per te andare all’estero per incontrare i tuoi lettori?

Mi piace. Viaggiare è interessante, e incontrare i lettori lo è ancora di più. Penso che i lettori apprezzino l’opportunità di parlare con gli autori. Detto questo, non credo che i tour promozionali siano necessari per uno scrittore. Molto spesso, al mio rientro a casa dopo un viaggio, provo una sorta di panico al pensiero di tutti i giorni trascorsi fuori dalla mia routine di lavoro. Se smetto di lavorare a un libro per qualche giorno, riprendere a scrivere è come cercare di mettere in moto un’auto rimasta ferma per tutto l’inverno. Si fa fatica. Così, faccio del mio meglio per scrivere ogni giorno anche mentre sono in viaggio.



Scrivere due trilogie dal punto di vista di FitzChevalier è stato, almeno secondo me, un tour de force. Come sei riuscita a farlo in modo tanto realistico, considerando che hai dovuto adottare la prospettiva di un personaggio maschile?

Questa domanda e quella successiva hanno più o meno la stessa risposta.



Le tue caratterizzazioni sono sempre magnifiche e la crescita dei personaggi è un elemento comune a tutti i tuoi libri. Una cosa che mi colpisce è il modo in cui tutti i tuoi personaggi restano fedeli a loro stessi, permettendo al lettore di immedesimarsi nelle loro vicende. È un qualcosa che ti sforzi continuamente di realizzare o è semplicemente un tuo dono di natura?

La tecnica che uso nel gestire i personaggi è cercare di rendere ciascuno di loro protagonista della sua storia personale. Anche nel caso di una semplice comparsa, è d’aiuto ricordare che forse quella cameriera sta per finire il turno ed è molto stanca, e far sì che si comporti di conseguenza. All’inizio cadevo facilmente nella trappola di far compiere ai personaggi soltanto ciò che avrebbe fatto sviluppare la trama senza intoppi. I personaggi minori esistevano solo per beccarsi una pallottola al posto del protagonista o per essere il premio romantico da vincere. Erano come sagome di cartone. Quando i personaggi non sono fedeli a loro stessi, la storia perde la sua veridicità. Se riesci a immedesimarti anche nei personaggi minori e dire: «Cosa farei davvero dopo? Non mi abbasserei di scatto nel vedere arrivare la freccia?», allora la trama diventa più interessante e i personaggi risultano credibili.



Quando venne pubblicato Il viaggio dell’assassino, dichiarasti di non avere in progetto un’altra serie su Fitz. A che punto della stesura dei Mercanti di Borgomago hai realizzato che c’era nell’aria un’altra storia?

Ero più o meno a metà del primo libro, Ship of Magic, quando mi resi conto che uno dei personaggi si stava comportando in maniera sospetta. Questa fu la prima avvisaglia di un qualcosa che stava prendendo forma nel mio inconscio senza essere stato pianificato. E questo è tutto ciò che dirò in proposito per evitare spoiler.



Una volta mi dicesti che scrivere I Mercanti di Borgomago era stata una gradita pausa dall’intensa focalizzazione interna, in prima persona, dei Lungavista. Hai dovuto prepararti in modo diverso per le tre serie passate? La stesura dello Spirito della foresta ha richiesto una ricerca e una preparazione maggiori rispetto alle trilogie precedenti?

Ciascun libro richiede delle ricerche specifiche poiché affronta argomenti diversi. Quando si scrive un fantasy, penso sia sempre meglio chiedersi: «Dal punto di vista storico e culturale, come funzionava questa cosa nel nostro mondo?” e tentare di comprenderlo. Poi, naturalmente, vi inserisco l’elemento fantasy ma cerco di farlo mantenendo dei punti di contatto col nostro mondo affinché il lettore abbia un certo senso di familiarità.


Pat’s Fantasy Hotlist | Robin Hobb Interview - 11.07.2005
traduzione di Occhi-di-notte
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