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Pat’s Fantasy Hotlist - Mag.06
Quale scintilla ha generato l’idea che ti ha spinto a scrivere la trilogia del Figlio soldato all’inizio?

Di solito i miei libri sono il risultato di molte idee che si uniscono piuttosto che una sola idea che nasce e mette radici. Non sempre ne conosco le origini, ma in questo caso so individuarne almeno due. Una fu un ritratto, nell’atrio di un hotel in cui ho alloggiato quando ero a Londra, e un’altra fu quando stavamo passando in macchina davanti a un cimitero francese, dove c’era un alto muro di roccia con delle punte di ferro in cima. “Stiamo tenendo qualcosa fuori... o stiamo tenendo qualcosa dentro?”



Sinceramente, credi che il genere fantasy verrà mai riconosciuto come vera letteratura? A dir la verità, a mio parere non ci sono mai stati così tanti buoni libri e serie come ne abbiamo ora, e ancora c’è poco rispetto (per non dire nessuno) verso questo genere.

Non passo molto tempo a pensare a questo, a dire la verità. Io scrivo le storie che voglio raccontare, leggo le storie che mi attraggono, e le etichette non mi influenzano molto né nello scrivere né nel leggere. I grandi di ogni genere trascendono i confini stessi di genere. Terry Pratchett è la sua stessa categoria, e anche Stephen King. Se scrivi abbastanza bene, al pubblico non importerà quali sono le tue radici: loro vogliono solo leggere una buona storia. Se voglio misurare la mia popolarità sarò più preoccupata delle persone che entrano nelle librerie e nelle biblioteche e ne escono con uno dei miei libri di quanto non lo sia riguardo a una valutazione critica o a una recensione. Non sto denigrando critici e recensori, spesso hanno un ottimo intuito per quanto riguarda i libri. Sto dicendo che l’accontentare i critici o lo scavalcare le etichette di genere non sono in cima alla lista delle mie ambizioni. Scrivere un libro che tu non possa abbandonare invece lo è. Quando guardo la lista dei bestseller vedo che SF e fantasy occupano posizioni molto alte, e molti scrittori che raggiungono il primo posto hanno elementi di fantasy e SF nelle loro storie, anche se l’autore e i recensori non li etichettano come tali. Per questo non credo che le etichette facciano poi questa gran differenza. Non penso che i lettori entrino in libreria in cerca di un libro “rispettabile”. La fiction è più divertimento e interesse.



I personaggi prendono spesso vita per conto loro. Quale dei tuoi personaggi hai trovato più imprevedibile?

Tutti i miei personaggi sono imprevedibili. Se non lo fossero, scrivere di loro sarebbe davvero troppo noioso, come scrivere degli amici che ho scelto nella mia vita reale. Se io potessi prevedere ogni cosa dei miei personaggi dall’inizio, probabilmente anche i miei lettori potrebbero farlo. Scrivere mi diverte molto di più quando, nell’iniziare, non conosco tutti i dettagli, e credo che anche ai lettori piacciano i libri che ogni tanto li sorprendono e li fanno trasalire.



Cosa ti ha fatto scegliere di scrivere un fantasy epico? C’erano delle convenzioni preesistenti che volevi rompere o capovolgere? Perché pensi che l’epic fantasy abbia numero di fan così vasto e frammentato, tutti a sostenere o attaccare con fervore un particolare autore?

Volevo raccontare una storia, e le mie storie tendono a essere piuttosto lunghe e complicate. Quella di scrivere epic fantasy non è stata esattamente una scelta consapevole. Come per le domande sui lettori che sostengono o attaccano una storia... temo di non saper dare una risposta. Quando mi siedo di fronte alla tastiera e allo schermo sono concentrata sulla storia e sullo scriverla in un modo che mi piaccia. Voglio che altre persone leggano e apprezzino queste storie, ma non presto molta attenzione ai lettori che supportano o attaccano un particolare autore. Ammetto che vado su Amazon e qualche volta do un occhiata alle recensioni, ma queste non hanno davvero impatto sul processo creativo. In primo luogo, nel momento in cui queste recensioni sono pubblicate è troppo tardi per “aggiustare” il libro per questi lettori. Ad alcuni il libro piace, ad altri no, e non c’è nulla che io possa fare per mettere d’accordo tutti. Ormai è passato. Di solito si parla di un libro che ho scritto almeno un anno prima, anche se magari è stato pubblicato solo da pochi giorni. Quindi credo non abbia molto senso rimuginarci sopra.

Credo che non potrei scrivere affatto se fossi concentrata sull’accontentare una particolare categoria di lettori. È la storia a decidere come dev’essere raccontata. Penso che se iniziassi a piegare, a girare e a mutilare la storia in modo da farla piacere a una determinata categoria di lettori otterrei una storia che disprezzo, una storia che a nessun altro piacerà granché.



Le trame sono cambiate molto da quando hai cominciato a scrivere le varie serie, oppure avevi in mente l’intera storia più o meno delineata sin dall’inizio? Hai aggiunto o eliminato personaggi rispetto alle tue intenzioni originali? Hai cambiato qualcosa dei tuoi piani iniziali durante la stesura?

Non più del solito. Quando si scrivono storie in più parti ci sono cambiamenti che si manifestano con il proseguire della scrittura. Mentre i protagonisti si sviluppano, lo scrittore vede dei modi migliori per raccontare la storia. Per Il figlio soldato la forma della storia è più o meno la stessa che avevo in mente all’inizio. I personaggi acquistano sempre spessore durante la stesura: la storia sarebbe davvero insipida se rimanessero le sagome che delineo all’inizio. Parte del divertimento dello scrivere sta proprio nel guardar succedere tutto questo.



Come ti piacerebbe essere ricordata in quanto autrice? Quale eredità lascerai dopo di te?

Hmm, non credo di averci mai pensato molto. Così su due piedi, credo che l’eredità che mi lascerò dietro avrà molto più a che fare con il modo in cui vivo e in cui ho influenzato i miei figli e i miei nipoti piuttosto che con i libri che scrivo. Sono troppo vicina ai miei libri per sapere se qualcuno di essi rimarrà a dopo cinque o dieci anni, senza pensare a quando sarà passata la mia vita, ma sono quasi certa che i valori che ho dato alla mia famiglia passeranno alle generazioni future. Io mi vedo come una cantastorie, e credo di poter raccontare storie a questa particolare generazione di lettori, ma è difficile dire se i miei libri dureranno nel futuro. Credo che il nostro mondo stia cambiando molto più velocemente che in qualunque altra epoca nella storia, e mi aspetto che con il passare degli anni questo ritmo continuerà ad accelerare, quindi è difficile dire se le storie che sto raccontando avranno qualcosa da dire ai lettori tra venti o trent’anni. Solo una minuscola percentuale di libri ha il potere di rimanere. Dovrei essere un bel po’ egocentrica per pensare che i miei siano tra questi.



Hai già dei piani per un’altra serie fantasy che segua il completamento della trilogia del Figlio soldato? Ricordo che mi dicesti che l’idea di scrivere la trilogia dell’Uomo ambrato ti venne mentre scrivevi I Mercanti di Borgomago.

Ho delle idee, ma nulla di cui mi senta pronta a parlare ora. C’è sempre una fila di storie e di libri che aspettano di essere raccontati, il problema è decidere qual è la più interessante e avvincente questa volta, e quali invece hanno bisogno di marinare ancora un po’. A volte l’unico modo per scoprirlo è provare un capitolo o due, e quando finisco contro un muro e non so più dire cosa accadrà dopo, allora capisco che la storia ha bisogno di invecchiare ancora un po’, o che forse manca un pezzo che non ho ancora scoperto.



Come scrittrice sei riuscita a superarti con ogni nuovo libro dalla pubblicazione della trilogia dei Lungavista. È un traguardo che ti sei imposta, per alzare il livello a ogni nuovo progetto?

Questo mi fa sorridere. Credo che moltissime persone non sarebbero d’accordo con te! La maggior parte delle critiche che ricevo provengono da lettori che preferirebbero che tornassi indietro e scrivessi di più di Fitz e del Matto, piuttosto che avventurarmi in nuovi mondi, con nuovi personaggi e nuove storie, quindi non credo che questi lettori direbbero che ho superato me stessa, ma credo che succeda a molti scrittori e penso di non doverlo prendere troppo seriamente.

Credo che ogni autore speri che il nuovo libro sia migliore e più forte dei precedenti, ma credo anche che se uno scrittore continua a sfidarsi debba aspettarsi comunque dei fallimenti, degli esperimenti che non funzionano, o di finire prima o poi in territori nuovi nei quali i suoi lettori non desiderano seguirlo.
Ovviamente non credo che uno autore debba tirarsi indietro davanti a cose nuove e a nuove storie da raccontare, ma non penso possa aspettarsi che i lettori siano più emozionati con ogni nuovo libro. Alcuni vorranno un’altra porzione dell’ultima storia che ha raccontato, alcuni vorranno provare qualcosa di nuovo e alcuni vorranno assaggiare la storia: potrà piacergli di più oppure penseranno che lo scrittore abbia fatto un grosso errore, ma tutto quello che lui può fare è cercare di raccontare ogni volta una storia molto interessante.



C’è una ragione per cui hai scelto di passare alla Eos/HarperCollins dopo aver trascorso così tanti anni con Bantam Spectra?

Affari, puri e semplici. Gli scrittori (e gli editori) si muovono molto durante la loro carriera: io ho iniziato con Ace, poi sono passata a Bantam, e ora sono con HarperCollins. Editori e scrittori cercano accordi che siano appropriati e soddisfacenti per entrambi. A volte la direzione dell’editore si discosta da quella in cui lo scrittore sta andando, o viceversa, quindi le persone si trasferiscono.



Lo spirito della foresta ha ricevuto recensioni contrastanti. Molte critiche riguardano il ritmo della storia. Per quanto mi riguarda ho avuto l’impressione che tu stia gettando le basi per il resto della serie, e che Il figlio soldato potrebbe essere il tuo lavoro più ambizioso. Retrospettivamente, quali sono i tuoi pensieri in merito?

Non presto molta attenzione alle recensioni. La maggior parte delle recensioni professionali che ho letto per Lo spirito della foresta erano positive, ma la maggior parte di quelle dei lettori su Amazon non lo erano. In questo caso credo che l’accoglienza abbia molto a che fare con le aspettative e le speranze dei lettori. Molti di loro avevano acquisito familiarità col mondo di Fitz e volevano semplicemente leggere un’altra storia ambientata là, ma non è quello che hanno avuto, per questo sono delusi. Ad altri lettori il libro non è piaciuto semplicemente per ragioni personali. Il primo volume di una trilogia di solito deve spendere molte parole per delineare il mondo e i personaggi, e questo può portare a un’andatura lenta. Penso che questo valga per il primo libro di tutte le trilogie che ho scritto. Vedremo cosa diranno del secondo e del terzo volume.



Ultimo ma non meno importante, senza rivelare nulla, cosa puoi dirci del Mago della foresta? Cosa dobbiamo aspettarci?

Oh, lo sai che non faccio spoiler! Dirò solo che la storia continuerà a dipanarsi, i personaggi cresceranno e cambieranno, gli orizzonti della storia si espanderanno — in altre parole, sarà il secondo libro di una trilogia.


Pat’s Fantasy Hotlist | New Robin Hobb Interview - 31.05.2006
traduzione di Iku
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