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Robin Hobb dice addio a Fitz e al Matto
Ho dedicato Assassin’s Fate a Fitz e al Matto. Sono stati i miei migliori amici per più di vent’anni. Non è per sminuire il mio matrimonio, che dura da quarantasei, o le amicizie che risalgono ai tempi delle superiori. I personaggi di cui scriviamo vivono nella nostra mente, creando amicizie interiori difficili da spiegare a chi non è del mestiere. Non li ho mai sentiti parlare ad alta voce, non ho mai visto il Matto fare il giocoliere, né Fitz spargere impassibile il sangue che andava versato. Eppure, negli ultimi vent’anni, ho trascorso più ore in loro compagnia che insieme a chiunque altro.

Quando cominciai a scrivere di Fitz e del Matto, la mia scrivania era nella stanza del bucato, in una vecchia casa col pavimento di legno. Quando la lavatrice centrifugava, mi gettavo sul computer e lo tenevo fermo per evitare danni al disco rigido. Spesso scrivevo fino a tarda notte, con la sola luce della mia vecchia lampada da scrivania e le lettere verdi fluorescenti sullo schermo nero. I ragazzi erano a letto; eccetto che per il gracidio delle rane, il silenzio era assoluto. Ma c’erano sia il Matto che Fitz: l’uno seduto a gambe incrociate sull’asciugatrice, a prenderci in giro e a contraddirci; l’altro appoggiato allo stipite, a parlare con voce bassa e profonda, nel perenne tentativo di far chiarezza sulla sua vita, ripensando perplesso alle proprie decisioni e scuotendo la testa su quel che era stato. Eppure, tutti noi sapevamo che quel che lui era stato aveva già determinato il suo futuro. Ogni nuova serie di eventi si fondava su quanto era avvenuto prima. Fin dal principio, sapevamo tutti cosa sarebbe accaduto. Proprio come il Matto, che guardava avanti e vedeva una miriade di possibili futuri tra cui scegliere, così anch’io andavo avanti a scrivere, verso eventi che erano già successi a Fitz pur mettendoli su carta per la prima volta.

In questo libro ci sono frasi che riecheggiano stranamente parole scritte vent’anni fa. Ci sono frasi che da vent’anni aspettavo di scrivere. Mi ci sono accostata con ansia e trepidazione. Metterle su carta e dire a entrambi: “Ecco, ora è successo” è stata una sensazione molto peculiare. To be done is not to be finished (NdT: frase sibillina di Robin, che è giusto lasciare all’interpretazione personale... Dovrebbe suonare più o meno come “Cosa fatta non è cosa finita”).

Ave atque vale. Salute e addio.


Robin Hobb
febbraio 2017

Voyager Online AU | Robin Hobb bids farewell to Fitz and the Fool - 20.04.2017
traduzione di Barbara “The Fool
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